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Può la natura aiutarci a creare un futuro migliore?

Arianna Candreva

Barbara Mazzolai e il suo plantoide



La bioispirazione è una strategia adottata in vari campi della scienza e della tecnologia: dalla biomedica all’aeronautica, l’uomo ha spesso preso spunto da Madre Natura per raggiungere i propri scopi. Barbara Mazzolai ha, però, dato al termine un significato completamente nuovo quando nel 2012 ha teorizzato il concetto di robot in grado di modificare autonomamente la propria forma.

Laureata in Biologia all’Università di Pisa nel 1995, ha poi conseguito un master internazionale in Eco-Management alla Scuola Superiore Sant’Anna nel 1998. Da sempre appassionata al mondo vivente, ha deciso di sviluppare la propria carriera nelle scienze tecniche, diventando vice direttore del dipartimento di robotica e direttore del laboratorio di robotica bioispirata all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). Nel 2011 ha conseguito un dottorato di ricerca in Ingegneria dei Microsistemi all’Università di Roma Tor Vergata.

Solo nel 2010, però, ha dato inizio al progetto che l’avrebbe portata ad essere nominata tra le “25 donne più geniali del settore” (RoboHub, 2015): il plantoide (FP7-293431). Per quanto, ad oggi, il concetto rimanga prettamente teorico, Mazzolai ha proposto il modello delle radici delle piante come strategia per creare robot in grado di esplorare luoghi in cui l’essere umano non è ancora riuscito ad arrivare. In particolare, l’idea era quella di creare una struttura capace di crescere tramite l’integrazione di nuovo materiale in base a stimoli provenienti dall’ambiente esterno, come concentrazione di specie chimiche, temperatura e pressione: tramite l’utilizzo di sensori, il plantoide riuscirebbe appunto a modificare la propria conformazione. Quali potrebbero essere le applicazioni concrete di una tecnologia del genere? Si pensi all’ambito spaziale, per esempio, in cui l’utilizzo di uno strumento simile potrebbe portare a una più facile esplorazione di nuovi pianeti; o al campo medico in cui si potrebbero creare endoscopi mini invasivi in grado di muoversi all’interno del paziente minimizzando l’attrito con gli organi interni.

Da gennaio 2019, fa parte del progetto europeo GrowBot, il cui obiettivo è sviluppare robot a bassa massa e basso volume capaci di ancorarsi e crescere dove gli attuali robot rampicanti non sono capaci di andare. Si potrebbe dire che si tratta di una concretizzazione di ciò che fino ad allora era rimasto solo teoria: grazie alla collaborazione con altri brillanti scienziati e col contributo dell’UE, Mazzolai sta lavorando per portare il plantoide da un’idea a una realtà concreta. Tra gli altri progetti di cui ha fatto parte rientrano OCTOPUS (FP7-231608), HydroNet (FP7-212790), DustBot (FP6-045299) ed EMECAP (QLK4-CT-2000-00489). E’ autrice o coautrice di più di 270 articoli apparsi in giornali scientifici o atti di conferenza. Nello stesso anno pubblica il suo primo libro, “La natura geniale” (Longanesi, 2019), in cui spiega come prendere ispirazione dai meccanismi evolutivi delle piante invece che degli animali potrebbe rappresentare il futuro della tecnologia e dell’ingegneria. Grande importanza viene data al problema ecologico, fondamentale per chi lavora e studia il futuro della tecnologia. La domanda posta dall’autrice è la seguente: se adattare l’ambiente a sé, come fanno gli animali, finora è stato principalmente dannoso, potrebbe adattare le nostre tecnologie all’ambiente, caratteristica tipica delle piante, rappresentare la soluzione?

Il suo secondo saggio è pubblicato nel 2021 col titolo “Il futuro raccontato dalle piante” e punta, tra le altre cose, ad approfondire come la bioispirazione potrebbe riuscire a sviluppare strategie tecnologiche con lo scopo finale di “invertire la rotta” che ha preso l’umanità, salvaguardando quindi clima e biodiversità. Robot biodegradabili per monitorare l’inquinamento delle acque sono solo un esempio di come, secondo l’autrice, robotica e intelligenza artificiale possono interagire nel miglioramento delle condizioni in cui verte il pianeta. Strettamente legato agli argomenti del libro è l’ultimo progetto di cui fa parte, avviato a gennaio 2021: I-Seed, il cui obiettivo è lo sviluppo di robot miniaturizzati con morfologia e proprietà dispersive simili a quelle dei semi, in modo da attuare un monitoraggio più responsabile di terra e aria direttamente in situ.

Scienziata, ricercatrice e autrice, Barbara Mazzolai ha rivoluzionato e sta continuamente aggiornando il modo in cui la robotica viene percepita nella comunità scientifica.


Vincitrice dei premi Marisa Bellisario e Carla Fendi, l’ultimo riconoscimento le è stato conferito dalla comunità europea nel 2020, quando ha vinto l’European Research Council (ERC) Consolidator Grant per il suo progetto “I-Wood”, per reti robotiche con tecnologie di comunicazione ispirate a quelle degli alberi nelle foreste.

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