Un punto da cui partire
Sì, lo so, ingegneria biomedica è l’ultimo corso di laurea STEM che dovrebbe essere portato come esempio per la disparità di genere. Ed è vero. Ma forse è proprio questo il punto, forse è da qui che si dovrebbe iniziare, forse è un sistema, un ambiente, quello in cui ho studiato io, che dovrebbe essere studiato, analizzato, a supporto della tesi “le donne SONO fatte per questa disciplina”.
Ma partiamo dall’inizio. Dal liceo.
Come penso tanti liceali, se non tutti, io non avevo idea di cosa fare all’università, non capivo quali fossero le mie passioni, i miei obiettivi, cosa volessi “fare da grande”. Forse spinta dai miei professori, forse dal disagio che vivevo in questo stato di insicurezza sul futuro, al quarto anno ho tentato il test di ingresso al Politecnico di Milano, per avere un piano B in caso avessi capito quale sarebbe stata l’università dei miei sogni. Ma il destino, la consapevolezza acquisita durante l’ultimo anno del mio percorso scolastico e la fiducia delle persone che mi circondavano in me e nelle mie capacità, tutti questi fattori hanno voluto che il mio piano B diventasse il mio piano A, il mio unico piano.
A questo punto bisognava solo scegliere il corso di studi in ingegneria. Facile no?
Mai pensiero fu più ingannevole. I corsi di ingegneria sono così tanti, così vari, così profondamente diversi che la risposta “ingegneria” alla domanda “cosa farai dopo il liceo?” è assolutamente priva di significato ma assume solo la funzione di suscitare ammirazione nei tuoi confronti da parte di chiunque abbia posto la domanda.
Cercare il corso di laurea che fa per te è un po’ come cercare parcheggio a Milano, difficile ma, una volta raggiunto l’obiettivo, la soddisfazione è immensa.
E così, alla fine, scelsi Biomedica, conosciuta da molti come “il corso in cui ci sono le ragazze”. La mia indecisione era con Ingegneria informatica. Forse a quel punto avrei avuto una storia più interessante da raccontare. Ma forse anche questa non è così male.
Perché ingegneria biomedica, per la mia esperienza, è stata, a livello di ambiente, di amici, di colleghi la migliore scelta che potessi fare.
Non ho mai avuto l’esigenza di cercare le poche ragazze che c’erano nel corso e farmele amiche per avere qualcuno di simile a me con cui condividere l’esperienza universitaria, mi sono sempre sentita come se quel posto appartenesse a me e io appartenessi a quel posto. Ho sempre ricevuto la stima e il rispetto dei miei colleghi uomini, a cui non è mai sorto il pensiero che io, o le mie colleghe, valessimo meno di loro.
Anche da parte dei docenti, ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso molte donne da prendere come esempio, ma anche molti uomini che attribuivano molto valore all’elevata concentrazione di studentesse nei loro corsi.
E forse è per questo che ingegneria biomedica dovrebbe essere un punto di riferimento, un obiettivo da raggiungere da parte degli altri corsi di studi in ingegneria, perché un ambiente così vario e dinamico vale da solo tutta l’esperienza universitaria.
Io so di essere stata fortunata, ma auguro a chiunque voglia intraprendere un percorso universitario in ingegneria di essere fortunata almeno la metà di quanto lo sono stata io. Perché sentirsi al proprio posto, in qualsiasi ambiente ci si trovi, è una sensazione che non ha prezzo, ma che dovrebbe essere garantita a chiunque.
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