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Di sedie scomode ed esercizi di libertà

Immagine del redattore: Giuseppe DonatoGiuseppe Donato

Recensione: Perché il femminismo serve anche agli uomini





Uno dei luoghi più rinomati della sede centrale del Politecnico di Milano è l’aula “Giulio Natta”, diventata famosa non per portare il nome di un premio Nobel ma per le sue scomodissime sedute. Entrandoci in un qualsiasi giorno di lezione si può assistere alla meravigliosa danza offerta da degli ingobbiti ingegneri impegnati nel vano tentativo di trovare una posizione comoda. Personalmente apprezzo molto questo spettacolo, in cui ritrovo una magnifica analogia per rappresentare l’attivismo politico. Infatti, il disagio provato da quegli studenti è lo stesso provato da chi, venendo a contatto con un’ideologia, si accorge di godere di privilegi e di essere inconsapevolmente dalla parte degli oppressori. In particolare, per un uomo che spunta tutte le caselle del privilegio (bianco, etero, cisgender, …) non esiste sedia più scomoda del femminismo.


Un aiuto nell’affrontare questo fastidio arriva dal saggio di Lorenzo Gasparrini “Perché il femminismo serve anche agli uomini” edito da erisedizioni (2020). Questo testo è un ottimo punto di partenza per chiunque si voglia avvicinare ai femminismi e soprattutto per gli uomini volenterosi di uscire dall’inconsapevolezza di genere ed imparare a “come agire il ruolo maschile, perché esso è anche un ruolo sociale e non solo un sesso”.


Lo scopo del saggio, dichiarato nel titolo ed esplicitato nella prima pagina, è quello di utilizzare il patrimonio di strumenti e pratiche sviluppati dalle donne nella lotta al patriarcato per mostrare come questo agisca anche sugli uomini e come questa oppressione “è semplicemente realtà, diversa ma parallela alle altre oppressioni”.

I primi capitoli sono dedicati ad introdurre vari concetti cardine del femminismo moderno, in modo da rendere il prosieguo accessibile anche al lettore meno informato. Tra questi approfondimenti spicca per completezza quello sull’intersezionalità: “agire politicamente solo in certi luoghi e tempi solo per alcuni motivi, solo verso alcuni linguaggi, solo contro determinati poteri, lascia inalterate e dunque efficaci la maggior parte di quelle oppressioni, di quelle costruzioni”.

Il processo di decostruzione dell’idea machista di uomo parte individuando tutte le storture e contraddizioni che caratterizzano l’attuale narrazione del genere maschile. Particolarmente illuminante è la definizione di quest’ultimo come genere invisibile “perché ha sempre fatto da parametro di giudizio per altri” e di come questo aiuti la narrazione dominante che accosta quel che è considerato normale alla mascolinità. Se a tutto ciò si aggiunge l’individualismo tipico della dottrina neoliberale, che domina il nostro tempo, si capisce perché questa narrazione evidenzi sempre le colpe del singolo senza mai ipotizzare una responsabilità di genere, citando Gasparrini: “ammettere di avere un problema in quanto genere permetterebbe agli uomini di abbattere tutte le convenzioni sociali e le gerarchie che li separano.”

Il saggio si fa apprezzare soprattutto per la sua pragmaticità nell’elencare e consigliare pratiche femministe, come il personale politico o il separatismo, che se adottate possono avere un effetto positivo e immediato sulla vita di ciascuno. Con “Perché il femminismo serve anche agli uomini” Lorenzo Gasparrini è dunque riuscito a creare un testo utilissimo per chiunque voglia smettere di associare il femminismo ad una sedia scomoda e percepirlo solo come un esercizio di libertà.


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